Ma davvero gli e-fuel sono migliori dei biocarburanti?
Siamo così sicuri che gli e-fuel siano da preferire rispetto ai più noti biocarburanti?
Ancora una volta l’Europa sembra essersi piegata al volere della Germania sull’annosa questione che vede il divieto di motori termici in territorio UE dopo il 2035.
L’accordo siglato in extremis tra Commissione europea e Berlino, infatti, premia i cosiddetti e-fuels come carburanti leciti anche dopo tale data, proprio come voleva la Germania, a scapito dei biocarburanti sostenuti dal governo italiano.
«Abbiamo trovato un accordo con la Germania sull’uso futuro degli e-fuel», ha scritto il commissario al Green Deal, Frans Timmermans, che ha aggiunto:
«Lavoreremo ora per far adottare quanto prima gli standard di CO2 per la regolamentazione delle automobili».
Il motore termico sopravviverà dopo il 2035, a patto che sia alimentato solo da carburanti sintetici.
«La strada è chiara — ha fatto eco un soddisfatto il ministro dei trasporti Volker Wissing — vogliamo che il processo sia completato entro l’autunno 2024».
Si è fatta evidente la contrarietà del governo italiano che certo non ha intenzione di mollare sulla vicenda e considera la scelta europea come irragionevole. Rinunciare ai motori endotermici (a meno che, appunto, non siano alimentati dal costoso e ancora da sviluppare e-fuel) sarebbe secondo molti - compreso il governo italiano - una scelta suicida per l’Europa e per la sua economia.
Facendo suo il pensiero di tutto il governo, il ministro del Made in Italy Adolfo Urso ha definito la questione sulla “fatwa” ai motori termici una pura battaglia ideologica dell’Europa, che porterà solo danni all’economia europea, che deve fare i conti con la concorrenza di Paesi come Usa e Cina, dove queste regole stringenti non sono previste.
«L’elettrico non è una religione, ma una tecnologia. Per raggiungere gli stessi obiettivi si possono usare anche altre tecnologie. Ci vuole una visione di neutralità tecnologica. Solo in Unione si piegava alla scienza alla ideologia»,
ha commentato Urso, che ha spiegato come rinunciare ai motori endotermici porterebbe alla perdita di 80.000 posti di lavoro solo in Italia.
Le differenze tra e-fuel e biocarburanti
Ma vediamo allora di capire meglio quali sono le caratteristiche e le differenze principali tra e-fuel e biocarburanti, tecnologia su cui molte nostre aziende, prima tra tutte l’Eni, stanno investendo da anni.
Come prima cosa occorre subito dire che mentre i biofuel sono un tipo di carburante già presente sul mercato da anni, gli e-fuel, che sono di origine sintetica, sono una tecnologia ancora da sviluppare e non sono attualmente disponibili nei normali distributori di carburante, come invece accade per i biocarburanti.
Gli stabilimenti produttivi di questo tipo di carburanti sono, secondo i dati di eFuel Alliance, 18 in tutto il mondo (nessuno nel nostro Paese). La loro eventuale efficacia dal punto di vista ambientale è ancora del tutto teorica e tutta da sperimentare dal punto di vista pratico. Per produrli, infatti, si effettua una combinazione tra idrogeno e anidride carbonica. L’idrogeno viene ottenuto per elettrolisi dall’idrogeno verde che viene combinato con grandi quantità di acqua.
Affinché i carburanti sintetici siano davvero a zero emissioni di CO2 occorre che vengano prodotti con elettricità proveniente da fonti di energia rinnovabili come quella solare, eolica, geotermica, idrica o dalle maree.
Secondo i calcoli degli esperti per produrre e-fuel e rifornire solo il 10% del parco auto europee servirebbe circa il 41% in più di energia prodotta da fonti rinnovabili. L’idea di base, legata alla neutralità carbonica degli e-fuel, afferisce al fatto che per la loro produzione verrebbe prelevata anidride carbonica direttamente dall’atmosfera e che con il loro utilizzo per alimentare i motori a scoppio verrebbe emessa la stessa quantità di CO2 legata alla sola creazione del carburante stesso.
Ma tutti questi motivi rendono i costi di produzione degli e-fuel chiaramente elevati, fattori che li potrebbe rendere inadatti per la produzione in grande scala. I loro costi sarebbero sostenibili economicamente solo per vetture di lusso, come per esempio Porsche che, non a caso, di recente ha avviato la produzione industriale di questo tipo di carburanti sintetici presso l’impianto pilota Haru Oni di Punta Arenas, in Cile.
Secondo i promotori di questa tecnologia che sarà adottata anche dai bolidi di Formula 1 a partire dalla stagione 2026, questo tipo di carburanti sarebbe in grado potenzialmente di ridurre anche del 100% le emissioni nell’aria, al contrario dei biocombustibili che le ridurrebbero del 75-80% circa. Ma secondo molti dei suoi detrattori, entro il 2035, limite temporale imposto dall’Ue per il divieto all’utilizzo dei motori termici, solo il 2% del parco auto circolante in Europa potrebbe essere rifornito da e-fuel - circa 5 milioni di vetture su circa 287 milioni di auto totali presenti all’interno dei confini europei.
È chiaro che il loro effetto a livello ambientale risulterebbe così assai limitato.
I biocarburanti che invece si ottengono da materia prima di origine animale o vegetale, come mais, canna da zucchero, barbabietola e scarti organici come le biomasse, possono essere prodotti in quantità maggiori. Già adesso circa il 5% delle auto europee è alimentato con questo tipo di carburanti e nel 2030 è previsto che questa quota possa salire fino al 20%. I costi per produrre biocarburanti sono certamente inferiori a quelli necessari per produrre e-fuel, con una resa sicuramente maggiore.
Inoltre, come è stato riconosciuto anche dalla stessa Ue e come affermato dalla premier Meloni a margine dell’ultimo Consiglio europeo, i biocarburanti avrebbero avuto il “patentino” di prodotti carbon neutral dal momento che sviluppano l’anidride carbonica già presente nella biomassa di partenza. Ed è anche per questo motivo che il governo italiano, malgrado l’accordo raggiunto tra Commissione europea e Berlino sui carburanti sintetici, ritiene che la partita sia ancora apertissima.
Ed è ormai certo che la partita vera su questo fronte dei motori endotermici e dei carburanti per alimentarli sarà giocata dopo le elezioni del 2024, sulle quali Meloni sta puntando per riuscire ad arrivare ad una alleanza tra il suo gruppo europeo dei conservatori (Ecr), di cui è presidente, con i popolari europei, che possa dare al centrodestra una chiara maggioranza e che possa permettere al nostro governo di avere ben altri spazi di manovra su questo e altri fronti caldi.
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