Dalla Svizzera all’Italia per fare il pieno: distributori ticinesi nei guai seri
Taglio delle accise e prezzo conveniente: nell’ultimo periodo le pompe di benzina ticinesi hanno perso fino al 90% dei clienti, che si riforniscono in Italia.
Una volta l’Italia andava a far benzina in Svizzera: lunghe code la domenica verso il confine provenienti da Como, Varese e Milano, fino a raggiungere il Canton Ticino per strappare un prezzo di favore e un pieno meno caro. Poi sono arrivate nuove abitudini, assieme agli sconti carburante di Regione Lombardia con cui tenere a bada il lamento dei gestori dei distributori. Varcare la frontiera non conveniva più nemmeno per comprare lo zucchero, le sigarette o la cioccolata, da mostrare attraverso il finestrino ai doganieri. Italiani da una parte, svizzeri dall’altra: ciascuno la benzina la faceva a casa propria.
La storia si ribalta
Nessuno si aspettava che a scompaginare le carte sarebbe arrivata la guerra in Ucraina, con le conseguenze generate dalle sanzioni imposte a livello internazionale. Con il taglio delle accise, deciso dal governo Draghi per contenere un prezzo lievitato fuori di misura, la storia si ribalta. Ora è la Svizzera a mettersi in fila per raggiungere l’Italia; sono i distributori elvetici a protestare e lanciare allarmi sconcertanti. Nell’ultimo mese gli introiti sono scesi addirittura del 90% addirittura, nelle zone di Mendrisio e Chiasso e nelle altre più prossime all’Italia.
Le colpe della Russia
Non c’entra, se non in senso lato, il conflitto, colpevole semmai soltanto di aver alimentato verso l’alto il prezzo del petrolio. Sono le scelte politiche a fare la differenza, con cui affrontare oppure no l’incremento esorbitante. Mentre l’Italia ha deciso di aiutare la sua gente, fino al prossimo 8 luglio almeno, la Svizzera, nonostante gli appelli reiterati delle associazioni e dei cittadini, temporeggia da settimane. Risultato: nel mese di aprile le vendite delle pompe di benzina ticinesi sono crollate. Non è un’esagerazione, a leggere i numeri.
Centonze: «Colpiti dalle decisioni europee»
A confermare l’allarme è il presidente dell’Atss (Associazione Ticinese Stazioni di Servizio) Matteo Centonze, che segnala la situazione particolarmente tesa della Svizzera italiana a ridosso delle province di Como e Varese.
«A livello svizzero, il Ticino è il cantone più colpito dalle politiche europee di riduzione del prezzo dei carburanti», osserva Centonze, riferendosi soprattutto all’Italia che, a partire dall’ultima settimana di marzo, offre tariffe molto più invitanti. Così, gran parte della gente elvetica che può va in Lombardia a fare il pieno, dove un litro è pagato intorno a 1,70 invece di oltre i 2 franchi.
Dal -30% al -90%: appello alla Confederazione
Ecco che la benzina subisce ribassi pesantissimi, a detta di chi opera in un settore già piegato negli scorsi mesi dal Covid-19. Se a Locarno e nel Bellinzonese le flessioni sono del 15% e nel Luganese si aggirano attorno al 20%, «vicino alla frontiera vanno dal 70% fino al 90%».
Al confronto, il 30% di calo segnalato nel 2021, a causa della mobilità ridotta dalla pandemia, è addirittura un bel ricordo. In poco tempo, si è arrivati a tre volte tanto.
Appello alla Confederazione
Adesso, dunque, c’è solo da sperare che la guerra non continui a lungo, o che la Svizzera prenda provvedimenti analoghi a quelli italiani e annulli la disparità. Altrimenti, mancati introiti di tale portata rischiano di fare molto più male del Coronavirus.
«Per due anni, dal 2020 al 2021, il comparto ticinese ha subito perdite nella vendita di carburante del 30% circa, a causa del crollo della mobilità internazionale e lavorativa», ha dichiarato infatti Centonze al Corriere del Ticino, annunciando di avere scritto come associazione di categoria al Consiglio federale, nelle persone di Ueli Maurer e Guy Parmelin, e di voler presto rivolgersi anche al Consiglio di Stato. «Ora, dopo una timida ripresa, la storia si ripete con esiti anche peggiori».
Shop chiusi: spettro disoccupazione
Alcune stazioni, già in difficoltà severa, avrebbero per esempio cominciato a ridurre gli orari di apertura o addirittura a chiudere gli shop, per risparmiare sui costi del personale: un altro problema, stavolta sociale, con cui fare i conti, che nemmeno nell’assenza attuale di alternative più concrete può dunque venire interpretato come giusta soluzione.
Tagli alle tasse o buoni benzina
Resta la difficoltà, per la politica chiamata a fare la sua parte, di decidere in quale modo esatto agire. Una possibilità, ipotizzata dallo stesso Centonze, è quella dei buoni benzina da consumare in Ticino; la spesa pubblica eccessiva che però verrebbe generata assottiglia le probabilità di un consenso allargato. Da definire con una certa urgenza è dunque se operare con tagli a tasse e imposte, o con misure compensatorie.
Che invece bisogni intervenire al più presto, non è più un dubbio per nessuno.
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