Caparra e acconto per l’acquisto dell’auto: quali sono le differenze e quando si può ottenere il rimborso
Nell’acquisto dell’auto esistono somme versate a titolo di caparra o di acconto, due modalità di pagamento completamente differenti. Scopriamole e analizziamole
Dalle stime diffuse in un report dell’Istat di aprile 2022, in collaborazione con il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims), riguardante la mobilità degli italiani nel prossimo futuro, sembra che l’82,5% degli interpellati non varierà la frequenza degli spostamenti nei prossimi tre mesi. Addirittura il 12,9% prevede un aumento, e solo il 4,0% una diminuzione rispetto ai sei mesi precedenti.
Insomma: l’auto privata rimane il mezzo di trasporto più usato dagli italiani e quindi il più acquistato. È importante sapere che quando si procede all’acquisto di un’auto, o di altri beni di un certo valore, spesso viene richiesto un anticipo sul prezzo da corrispondere sotto forma di caparra o di acconto.
In linea generale in assenza di un’indicazione delle parti, la somma versata come anticipo di pagamento è sempre considerata “acconto”. Mentre può considerarsi “caparra” solo se risulta espressamente identificata come tale.
Insomma per poter dire che si è in presenza di una caparra confirmatoria, deve verificarsi con certezza che le parti abbiamo inteso conseguire gli scopi pratici previsti dal Codice Civile per i casi di inadempimento (importante a tale guisa la sentenza della Corte di Cassazione 23 dicembre 2005, n. 286997).
In pratica, in mancanza di diverso accordo, la somma versata senza specificare che si tratta di una caparra confirmatoria è considerata come acconto. Perché possa considerarsi caparra è necessario che ciò venga esplicitato nel contratto.
Si tratta di due istituti profondamente differenti. Analizziamoli accuratamente
L’acconto
Il settore automobilistico continua a dover fare i conti con blocchi della produzione di auto a causa della pandemia e della crisi dei chip, pertanto, i tempi di consegna dei veicoli sono diventati davvero molto lunghi.
Chi ha acquistato un’auto versando una caparra e firmando un contratto che prevede la consegna della vettura entro un periodo di tempo, se decorso tale tempo non ha ancora ricevuto l’auto può legittimamente chiedere il recesso del contratto di acquisto e la restituzione della caparra con importo doppio
Ovviamente è necessario verificare che nel contratto siano esplicitamente riportati i tempi di consegna prevedendo un ‘periodo di tolleranza’, di norma pari a 60 giorni, che non può essere utilizzato arbitrariamente dal concessionario.
Solo dimostrando che la ritardata consegna non è riconducibile alla sua volontà, ma a cause di forza maggiore ci si può opporre alla riconsegna della caparra. A differenza della caparra, l’acconto non offre particolari garanzie, al punto che se la vendita salta per qualche ragione deve essere sempre restituito al potenziale acquirente, anche se è stato costui a tirarsi indietro.
Eventualmente, il venditore può rivolgersi a un giudice se ritiene di aver subito un danno dalla mancata vendita, ma non può trattenere l’acconto a titolo di risarcimento. L’acconto rappresenta quindi una sorta di ‘prova’ della volontà dell’acquirente di concludere il contratto, senza però vincolare in alcun modo le parti. Ovviamente, se la compravendita si conclude positivamente, l’importo versato a titolo di acconto viene detratto dal prezzo finale.
La caparra confirmatoria
Ben altra valenza ha la caparra, che può essere confirmatoria o penitenziale. La caparra confirmatoria, regolata dall’art. 1385 del Codice Civile, è una somma di denaro che una parte si impegna a versare all’altra al momento della firma del contratto, al fine di garantire l’impegno assunto.
Il versamento di denaro a titolo di caparra confirmatoria costituisce la liquidazione convenzionale anticipata del denaro in caso di inadempimento di una delle parti. Pertanto lo stesso non ha natura di anticipo del prezzo pattuito, ma ha esclusivamente una funzione risarcitoria (Vedere le sentenze della Cassazione n. 28697/2005 e n. 4047/2007)
Una volta effettuato il versamento della caparra possono verificarsi varie situazioni, tutte descritte nel già citato art. 1385 del Codice Civile:
- se il contratto viene rispettato e la compravendita, ad esempio di un’auto, è andata a buon fine, chi ha incassato la caparra deve restituirla oppure può trattenerla come anticipo sul pagamento complessivo;
- se l’acquirente che ha versato la caparra non rispetta il contratto e quindi risulta inadempiente, la controparte (venditore) può recedere dal contratto, trattenendo quanto ha riscosso a titolo di caparra come risarcimento del danno, senza bisogno di aprire una causa. Pertanto se l’acquirente cambia idea e decide di non comprare più l’auto perde la caparra eventualmente versata (a differenza dell’acconto che deve essergli invece restituito);
- se a essere inadempiente è colui che ha ricevuto la caparra (di solito il venditore), l’altra parte (acquirente) è legittimata, non solo a recedere dal contratto, ma anche a richiedere la restituzione del doppio della caparra versata.
Importante è sapere che, a prescindere da chi sia il soggetto inadempiente, la controparte può rinunciare alla caparra per chiedere al giudice l’esecuzione forzata del contratto o il risarcimento del maggior danno (se il danno subito è superiore al valore della caparra).
Spesso già nei siti dei rivenditori di auto c’è una sezione in cui si specifica il tenore della caparra confirmatoria. Per esempio:
A garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte in virtù della firma della proposta di acquisto, l’Acquirente è tenuto a versare alla Concessionaria, a titolo di caparra confirmatoria ex art 1385 c.c. una somma pari al 15% del prezzo chiavi in mano di cui alla su estesa proposta di acquisto. Resta inteso che in caso di acquisto del veicolo tale importo sarà imputato a titolo di prezzo, mentre in caso di mancato acquisto per fatto e colpa dell’acquirente tale somma sarà trattenuta in via definitiva dalla concessionaria.
Di contro nel caso in cui il mancato acquisto del veicolo sia imputabile a fatto e colpa della concessionaria quest’ultima sarà tenuta a versare una somma pari al doppio dell’importo ricevuto a titolo di caparra confirmatoria.
Gli aspetti fiscali dell’acconto
Laddove venga versato un anticipo del prezzo, lo stesso assume rilevanza ai fini Iva e la relativa operazione deve considerarsi effettuata alla date del pagamento, limitatamente, tuttavia solo all’importo pagato. In pratica gli acconti, costituiscono un anticipo sul pagamento del prezzo dovuto, che viene consegnato dall’acquirente al venditore, al fine di confermare la propria volontà all’acquisto (di un bene o di un servizio).
Affinché l’imposta possa diventare esigibile, nel corso del versamento di un acconto, senza che la cessione o la prestazione sia ancora stata effettuata, occorre che tutti gli elementi qualificanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, siano già conosciuti e dunque, in particolare, che, nel momento del versamento degli acconti, i beni o i servizi siano specificatamente individuati.
Ciò che caratterizza gli acconti, rispetto alla caparra, è che il versamento a titolo di acconto deve essere restituito ogni volta che il contratto non si conclude, indipendentemente dalla responsabilità delle parti.
Per ottenere il risarcimento di un danno arrecato, la parte danneggiata dovrà fare causa all’altra al fine di dimostrare di aver subito un danno.
Nell’ipotesi di versamento di una somma di denaro a titolo di acconto, il cedente dovrà, pertanto, emettere fattura con addebito di imposta.
In particolare, dovrà emettersi una vera e propria fattura Iva, con indicazione di tutti gli elementi previsti dalla Legge (non può utilizzarsi, cioè, una semplice fattura pro-forma). La fattura emessa dovrà essere annotata sul registro dei corrispettivi, secondo le ordinarie modalità e i tempi fissati dalla disciplina in materia.
Al momento, poi, della consegna dei beni, deve essere emessa da parte del fornitore una fattura a saldo. Nel documento emesso l’ammontare dell’acconto versato deve essere decurtato dell’imponibile relativo ai beni e servizi forniti. Anche questa fattura dove essere annotata sul registro dei corrispettivi, secondo le ordinarie modalità e i tempi fissati dalla disciplina in materia.
Gli aspetti fiscali della caparra confirmatoria
Al contrario, nell’ipotesi in cui la somma versata sia riferibile a una caparra, questa non è soggetta a Iva. Questa, infatti, non costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, in quanto assolve una funzione risarcitoria, e non è pertanto soggetta a Iva per mancanza del presupposto oggettivo.
La risoluzione n. 197/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate ha preso in considerazione le differenze tra acconto e caparra, in relazione al trattamento del preliminare ai fini dell’imposta di registro fornendo anche chiarimenti in materia di Iva.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, a differenza dell’acconto, la caparra confirmatoria non rappresenta un anticipo del prezzo, rivestendo natura risarcitoria in caso di inadempimento contrattuale.
Come noto, l’Iva si applica, invero, soltanto nel caso in cui le somme versate rappresentano l’effettivo corrispettivo di un bene o di un servizio individuabile fornito nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzato da prestazioni sinallagmatiche.
Pertanto, in caso di versamento di denaro a titolo di caparra confirmatoria, si applica l’imposta di registro (dpr n. 131/1986). Al momento del perfezionamento del contratto definitivo, tuttavia, questa, così come accade per l’acconto, potrà essere imputata all’operazione effettuata, concorrendo a formare la base imponibile.
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